Le chiavi per il futuro: open innovation e open integration
Il mondo del business moderno utilizza una nuova parola d’ordine: “Open innovation”. Cosa significa? Quale potrebbe essere il vantaggio? Prima di tutto bisogna capire cosa si intende per “open innovation“. Si tratta di un metodo di sviluppo aziendale che unisce risorse interne ed esterne e migliorano l’organizzazione. Mira a promuovere idee innovative al fine di nuovi prodotti e tecnologie. Rispetto ai processi di innovazione convenzionali permette ad entrambe le parti (risorse interne ed esterne) di entrare nel processo di sviluppo. Spesso la routine interna può portare ad una sorta di cecità, per questo è necessario integrare l’aiuto di elementi esterni in grado di dare quel contributo necessario per fare la differenza.
L’innovazione si basa su un’ampia base di conoscenze, tecnologie e esperienze, ma è anche un processo di apprendimento che richiede tempo, sperimentazione e, necessariamente, insuccessi. Puntare all’open innovation significa abbracciare la complessità sia organizzativa che di know-how. Il primo significa fare sistema. Gestire relazioni, dare e ricevere valore dal sistema di attori con cui scelgo di interagire, nonché mettere in discussione lo status quo interno. La complessità di know-how invece fa riferimento allo sviluppo delle tecnologie digitali sempre più difficili da integrare insieme al relativo graduale abbattimento dei costi di sviluppo delle stesse che ne ha ampliato la diffusione e l’utilizzo. Gli approcci aperti all’innovazione hanno un alto potenziale per creare sinergie significative. Risparmiano costi e risorse. E tutte le parti interessate hanno l’opportunità di essere coinvolte in un momento fondamentale, il che rende più efficiente un processo di sviluppo.
L’Open Integration come evoluzione
Un recente studio scientifico – firmato dal padre stesso dell’Open Innovation, Henry Chesbrough – rivela che circa l’80% delle grandi imprese a livello internazionale usa pratiche di Open Innovation.
In Italia, l’Osservatorio Startup Intelligence del Politecnico di Milano evidenzia che questa percentuale è in crescita, anche se ancora minore (70%), a causa della diffidenza culturale e del gap di competenze che ci accompagna nelle collaborazioni tra imprese, enti ed individui. Le aziende devono comprendere i benefici reali dell’apertura del processo di innovazione e come gestire i relativi costi a sostegno di tale strategia. Questo è possibile solo attivando e combinando con fonti esterne di conoscenza con la capacità di integrare sistemi esterni e interni di conoscenza, risorse e skills. Per questo l’Open Innovation porta al concetto di Open Integration. Assicurare integrazione tra sistemi permette di adattarsi alle condizioni di incertezza dello scenario competitivo attuale.
La forza dell’Open Innovation
In questo approccio c’è molto più fiducia sulle connessioni, collaborazioni e partnership per raggiungere il successo. Il modello chiuso prevede che le persone migliori del settore lavorassero per l’azienda. Ora invece bisogna identificare, connettere e sfruttare la conoscenza di coloro che lavorano da esterni. Un’implicazione sottile ma potente dell’innovazione aperta è che, in un mondo di conoscenze utili ampiamente diffuse, gran parte del valore reale può essere ottenuto non dallo sviluppo di un’altra conoscenza. Si ottiene dalla creazione di sistemi e architetture che combinano questi pezzi disparati di conoscenza. Tutti insieme in modo utile e in grado di risolvere problemi reali.
Infine da un punto di vista economico, è stato dimostrato che le organizzazioni con più fonti esterne di conoscenza ottengono migliori risultati di innovazione rispetto a quelle con meno fonti. Un recente sondaggio condotto su 125 grandi aziende ha anche scoperto che le imprese che hanno utilizzato l’Open Innovation hanno ottenuto risultati migliori rispetto alle altre.
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