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Insurtech Open Innovation: cosa ne pensano le aziende italiane? Uno studio offre la risposta

I periodi di crisi sono anche periodi di opportunità: lo avete sentito dire anche voi, no? Ebbene, non si tratta solamente di una frase fatta, ma di una realtà concreta, per chi sa come muoversi. In periodi come quello attuale, di crisi e successivamente di post-crisi, le aziende maggiormente disposte verso l’innovazione sono quelle che hanno maggiori possibilità di guadagnare concreti di spazi di crescita, che si potranno rivelare decisivi in futuro.

Questa è la teoria: la pratica è ben più complicata da realizzare, come dimostra il comportamento generale delle imprese. I modelli tradizionali di incubatori, acceleratori, open innovation generica, e corporate venture capital da soli non bastano, né tantomeno sono fattibili o desiderabili come panacea urbi et orbi, per definire strategie di crescita e innovazione sostenibili sul lungo periodo. Occorrono anche nuovi approcci metodologici, framework operativi e soluzioni scalabili.

La proposta di Simbiosity

È qui che interviene Simbiosity, che alle grandi imprese propone un nuovo concept di corporate innovation aperta su larga scala, completamente ai modelli più tradizionali e in voga al momento.

È il sistema della Corporate Innovation Factory, capace di creare un vasto ecosistema attorno al core dell’azienda, definendo con precisione quali cantieri attivare e verso quali partner orientare le proprie collaborazioni (ovvero, gli Innovation Producer), operando in laboratori condivisi e dedicati (le Innovation Arena).

Per fare ciò, Simbosity mette a disposizione delle imprese la propria piattaforma proprietaria, Innovation Tracking System (ITS), attraverso la quale è possibile tracciare oltre 18.000 soggetti, potenziali partner con cui entrare in contatto, andando a costruire una massa critica d’innovazione senza eguali in Italia.

Uno studio sull’Insurtech Open Innovation in Italia

Ma il comparto assicurativo italiano è pronto ad accogliere l’Open Innovation? È per rispondere a questa domanda che Simbosity ha condotto uno studio, in collaborazione con l’Italian Insurtech Association e Lattanzio KIBS S.p.a, al fine di identificare l’effettivo livello di maturità sul tema.

L’analisi sull’Open Innovation Readiness del settore assicurativo italiano è stata condotta su due target specifici: uno primario, composto da decine aziende medie, grandi organizzazioni e corporate della filiera assicurativa; e uno secondario, di cui fanno parte decine di startup/scaleup del settore insurtech.

Entrambi i gruppi sono stati intervistati attraverso questionari mirati e distinti per i due gruppi, al fine di comprendere opinioni e punti di vista di questi due fondamentali attori in campo sul tema dell’Insurtech Open Innovation.

L’indagine tra le aziende corporate

Lo studio sull’Insurtech Open Innovation condotto tra le imprese del target primario ha fatto emergere che circa la metà delle aziende intervistate è attrezzata sul fronte dell’innovazione con un sistema centralizzato, un quarto presenta un sistema di tipo distribuito, mentre un altro quarto non è ancora attrezzata in questo ambito.

Ma oltre la metà del totale (60%) ha le funzioni dedicate all’innovazione che riportano all’amministratore delegato dell’azienda, un fattore che denota una limitata autonomia, tipica di fasi di sviluppo non ancora mature.

Il ricorso alla collaborazione con le startup si deve essenzialmente all’accelerazione dei processi di sviluppo o al bisogno di accedere a nozioni tecniche e tecnologiche. Le aziende corporate ritengono inoltre che il proprio appeal nei confronti della startup sia quello di facilitare loro l’accesso a un mercato più ampio.

L’Open Innovation non sembra ancora essere particolarmente centrale nei progetti di queste imprese: mediamente, esse attivano uno o al massimo due progetti di Open Innovation all’anno.

L’indagine tra le startup

Sull’altro lato della medaglia, i soggetti portatori d’innovazione sono spinti alla collaborazione con le aziende del nostro target primario con lo scopo principale di acquisire un nuovo cliente. La possibilità di accedere, per mezzo di esse, a un nuovo e più vantaggioso mercato, attirando nuovi investitori – cioè quella che le aziende corporate ritengono essere la principale motivazione delle startup – è in realtà solo di secondaria importanza, e precede, in terza battuta, l’opportunità di fund raising in caso di successo del progetto.

La quasi totalità delle startup (80%) conferma che la collaborazione è nata per il bisogno dell’azienda partner di imprimere un’accelerazione ai propri processi di lavoro, ma si conferma anche la limitata possibilità di operare contemporaneamente su più di un progetto nello stesso anno. La maggior parte dei rapporti collaborativi riguardano consulenze e servizi professionali.

Cosa ci dice lo studio sulla Readiness dell’Insurtech Open Innovation

L’innovazione reale rappresenta oggi ancora un limite per le aziende italiane nel settore finanziario e assicurativo, al di là del teatro della comunicazione mediatica. Solo in pochi casi, relativi ai grandi gruppi già quotati in borsa e con maggiori budget a disposizione, fanno infatti eccezione.

Tra imprese corporate e startup esiste un livello di collaborazione ancora molto superficiale: l’approccio delle prime è soprattutto di tipo estrattivo-opportunistico, incapace di sfruttare – ma in realtà anche solo di comprendere a pieno – le potenzialità di questo rapporto.

Più che di Open Innovation sarebbe allora più corretto parlare di Open Education: le startup rappresentano, per le grandi aziende, un’opportunità di acquisire accelerazione e know-how, ma nulla più. Una visione, quindi, che manca di lungimiranza, e che non può rappresentare un modello sostenibile sul lungo periodo per nessuno degli attori coinvolti. L’ecosistema dei partner di innovazione va alimentato e curato anche per attrarre ulteriori investimenti e investitori nel comparto assicurativo.

 

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