Competenze digitali, la grande sfida delle pmi e dei manager

Il principale vettore del cambiamento è l’innovazione, dettata in particolare dalla digital transformation. Sviluppare competenze digitali diventa quindi peculiare per i manager così come gestire in modo ottimale questi processi di trasformazione. Rispetto alla media Ue, trainata verso l’alto dalla Gran Bretagna (50%) e dalla Germania (39%), l’Italia può vantare solo un 29% di competenze digitali elevate diffuse tra i soggetti in età lavorativa. Il resto della nostra forza lavoro possiede competenze digitali definite «medie» (nel 36% dei casi) o «basse» (35%). È chiaro pertanto che, dalle vendite alla comunicazione, per tutte le funzioni aziendali la risposta si chiama formazione digitale.

Come cambia il ruolo del manager

«La sfida di questa generazione – sostiene Renzo Noceti, cofondatore e Ceo di Simbiosity – è riuscire a trasformare almeno una parte di chi è dentro il mondo del lavoro. Non possiamo neanche immaginare di dover aspettare un ricambio: bisogna prendere il toro per le corna e aiutare una generazione a cambiare. Per questo a mio avviso la sfida principale è quella del reskilling». Non c’è una ricetta da seguire, il cambiamento si pianifica sino a un certo punto. Fanno la differenza i mercati, i contesti e le persone con cui si lavora. Ma emergono un paio di punti forti. Il digitale, che è la cosa che ha innestato la trasformazione, non è l’obiettivo sul quale l’azienda deve focalizzarsi. Anzi, arriva dopo. Prima le persone. E poi: l’azienda così diventa più razionale, cioè ragiona di più con i dati, che come conseguenza del digitale possiede in abbondanza.

Ricambio generazionale

In assenza di politiche che favoriscano in modo significativo la crescita dimensionale delle aziende italiane sarà difficile fornire al sistema produttivo una delle risorse chiave per invertire la tendenza, vale a dire la competenza gestionale indispensabile per competere adeguatamente. In questo quadro, anche un processo di quotazione sui mercati borsistici, in particolare l’Aim Italia, espressamente rivolto alle Pmi, può contribuire a un ricambio manageriale e all’inserimento di nuove competenze che, per la loro specifica tecnicality, difficilmente si possono trovare nel cerchio ristretto degli azionisti o manager di famiglia. Nel solo 2018, grazie anche a efficaci provvedimenti legislativi come l’avvio dei Pir e la misura sul credito d’imposta per le quotazioni delle pmi, si sia registrato un picco di ben 26 Pmi quotate, lascia ben sperare su un vero cambio di paradigma che contribuisca a valorizzare al meglio le professionalità dei nostri manager.

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