Startup, l’importanza di avere un team ben costruito

Una parte spesso sottovalutata della costruzione di una startup di successo è la squadra. Molti imprenditori si limitano ad assumere le persone che li circondano senza riflettere troppo su cosa possono realmente portare e se la combinazione di abilità, esperienze, personalità sia giusta. Dimenticano quindi che si tratta di una parte importante se non addirittura la parte più importante del diventare una startup di successo. Come ha detto Guy Kawasaki, “le idee sono facili. L’implementazione è difficile. “E l’implementazione di successo dipende tutto dalla squadra. Non importa quanto sia grande l’idea se poi non si riesce ad applicarla. In realtà, spesso è meglio avere solo un’idea “abbastanza buona” e una grande (o promettente) squadra come punto di partenza rispetto al contrario.

In un’economia che sopravvive sull’innovazione, sulla crescita e sulla concorrenza, è importante migliorare le possibilità di successo delle startup. Ma cosa contribuisce al successo della startup? Dietro le esigenze e i finanziamenti del mercato, team non equilibrati rappresentano il terzo fattore più significativo per il fallimento di una startup. Ma quali sono i motivi, oltre al fallimento, per costruire una squadra di equilibrata, in grado di combinarsi al meglio e con le giuste abilità?

Dalle prospettive alle sinergie, l’importanza di un team valido

Prima di tutto avere un team equilibrato consente di avere prospettive diverse. Il modo migliore per superare i pregiudizi inconsci è includere persone con esperienze e background di vita diversi. Le decisioni strategiche vengono valutate da tutti gli angoli per assicurarsi che venga scelta l’opzione migliore e il prodotto o il servizio che la startup sviluppa avrà una visione coerente che risolve il problema per cui è stato progettato. Le startup sono in gran parte definite dalla loro cultura. Nessuno vuole lavorare in un ambiente tossico. Le buone startup sono progettate per rafforzare i loro valori da zero. Nella fase di crescita si ha maggiore probabilità di assumere dipendenti che rimarranno per lungo tempo. Con un team equilibrato, una startup pone le basi per la crescita futura creando una cultura di inclusività e collaborazione.

Un altro aspetto da non sottovalutare sono le sinergie. È particolarmente difficile vedere l’immagine più grande quando tutti comprendono solo una parte di un problema. Con una squadra equilibrata, è possibile una collaborazione interdisciplinare. Un membro del team tecnico potrebbe vedere una situazione in modo diverso rispetto a un marketer. Quando si lavora insieme, la somma può essere maggiore della dimensione delle sue parti. Questo tipo di collaborazione fa molto per superare le difficoltà di adattamento del mercato del prodotto ed evitare i fallimenti di non costruire per il consumatore. Se l’obiettivo è quello di creare il massimo valore in un prodotto o servizio, i team equilibrati possono creare sinergia per moltiplicare il loro valore.

Uno studio della Stanford Business School ha analizzato come investono i venture capitalist e anche in questo caso la struttura di un team fa la differenza. Le capacità dei fondatori e del management team sono il fattore più importante nelle decisioni di investimento. La volontà è avere nel loro portafoglio team forti ed equilibrati perché avere un team affidabile dimostra anche ai venture capitalist che i loro potenziali investimenti hanno una gestione che funziona come una macchina efficiente. In qualsiasi contesto collaborativo, non avere una chiara separazione delle responsabilità porta ovviamente a fallimenti. In una squadra equilibrata, i ruoli e le responsabilità di tutti possono essere chiariti. Invece di una sovrapposizione negativa, le sinergie che si creano quando le persone di due distinte discipline lavorano insieme spingono il progetto in avanti.

Responsabilità e priorità

Non solo i team equilibrati separano le responsabilità, ma creano anche responsabilità. Ogni membro può ritenere gli altri responsabili per i loro aspetti del progetto. Le tappe personali e di gruppo sono facili da comprendere per ciascun membro e non c’è mai confusione su quali dovrebbero essere i compiti di ognuno. Le startup possono evitare errori decisivi solo ed esclusivamente se c’è una distribuzione equa delle responsabilità.  Un team valido offre una visione aziendale, culturale, sinergica e attrattiva degli investitori e responsabilità. Il lavoro di squadra è il fondamento della produzione collaborativa di successo.

Steve Blank parla di startup come ” … un’organizzazione temporanea alla ricerca di un modello di business ripetibile e scalabile. In questo contesto costruire una grande squadra è un passo importante per far funzionare il motore. Sfortunatamente per molti imprenditori, non è così ovvio”. Quando si fa riferimento ad una startup, non bisogna considerare solo la costruzione del modello di business, sul prodotto e su ciò che si ha, ma anche sulla creazione di un team in grado di eseguire tutto. Dopotutto, è tutto basato sull’esecuzione.

Materias, la startup italiana che va a caccia di nuovi materiali

Idee e tecnologie innovative per materiali avanzati. Questa è la missione di Materias, startup presieduta da Luigi Nicolais, professore emerito all’Università di Napoli Federico II ed ex ministro dell’Innovazione e Funzione pubblica. Materias nasce dalla fusione di due parole Material e Ideas ed è interessata a sviluppare idee innovative nel settore dei materiali avanzati. Ha sede legale a Milano e sede operativa a Napoli, presso il nuovo Campus della Federico II a San Giovanni a Teduccio. In essa sono presenti una componente scientifica e una industriale. La startup è partita con un capitale sociale di 1.600.000 euro conferito dai soci privati italiani e svizzeri. Ibsa Farmaceutici Italia Srl, Mondial Spa, Mpa Development Limited, B.Tech Srls, Thuna Srl. «Nella prima fase – racconta Nicolais – abbiamo fatto un giro in Italia alla ricerca di idee e di investitori. Oggi abbiamo in portafoglio 380 idee, venti delle quali molto vicine all’applicazione».

Il ruolo svolto da Materias

Tra le idee più interessanti ci sono la tecnologia per la stampa 3d di travi in cemento armato. O anche i dispositivi a microaghi polimerici per la somministrazione transdermica di molecole attive. Infine c’è lo sviluppo di tessuti per il rilascio controllato di sostanze antimicrobiche. La startup svolge un’azione di cross fertilization tra centri di ricerca e collabora con ricercatori e inventori per sviluppare prodotti di interesse industriale. Materias svolge anche il ruolo di acceleratore di idee e tecnologie. Inoltre si occupa del trasferimento tecnologico e del supporto alla promozione dei risultati della ricerca attraverso la tutela della proprietà intellettuale.

Nella seconda fase c’è L o sviluppo di nuovi (o da migliorare) prodotti o tecnologie innovative, pronti per essere commercializzati. In questa fase, le attività principali si incentrano sullo studio del passaggio alla produzione su scala industriale. Sulla verifica delle performance del prodotto e sulla redazione di un business plan da presentare al potenziale investitore. Si intensificano anche i contatti con potenziali partner industriali con cui costituire società veicolo. Tra le ipotesi allo studio non si possono dimenticare sistemi spray per la disinfezione ed il trattamento delle ferite. Un altro studio riguarda soluzioni ad attività battericida ed antibiofilm per applicazioni in ambito alimentare e polimeri superassorbenti biodegradabili per utilizzo in agricoltura.

Gli accordi stretti con università e istituti di ricerca

«L’Italia è leader mondiale nella produzione scientifica per numero di citazioni. Abbiamo una grande capacità di produrre idee ma non di utilizzare le conoscenze», dice Nicolais, «Il 90% delle idee non superano la “valle della morte”. Non diventano prodotto valutabile da investitori finanziari 0 industriali. Noi accompagniamo e diamo supporto ai ricercatori con la protezione della proprietà intellettuale (anche con i brevetti) e il finanziamento per l’industrializzazione e l’ingresso sul mercato». Materias ha stretto accordi con università e istituti di ricerca. Ha rintracciato 720 idee, delle quali 70 hanno superato la fase di valutazione. 30 sono state analizzate nel dettaglio con finanziamenti, 15 sono in fase di accelerazione e 3 di uscita, verso il mercato.

Un algoritmo che fa recruiting, l’innovazione della startup NCore

Reinventare una professione all’interno di una startup. È questa la missione raggiunta da Luca Ortolani, triestino di 47 anni, che ha scalato per anni le più note multinazionali nel settore risorse umane. Forte della sua esperienza e delle competenze acquisite ha deciso di rinunciare ad un posto da direttore generale per alzare l’asticella. «Come logica conseguenza, i cambiamenti in atto nel mondo del lavoro hanno ripercussioni su quello del recruiting – analizza Ortolani -; in particolare, la tecnologia sta evolvendo rapidamente il nostro ambito. Io volevo capire in che modo ma, per farlo, avevo bisogno di muovermi in una realtà più snella e innovativa».

La selezione avviene grazie ad un algoritmo

Luca scommette così su NCore fondata da Enrico Ariotti, proprietaria di una piattaforma per la selezione di forza lavoro attraverso processi automatizzati, basati su video-interviste. «Ho vinto la commessa grazie a NCore – spiega Ortolani – ne avevo intuito il potenziale, così chiesi ad Ariotti di diventare socio acquistando delle quote. Rispose che l’unico modo per entrare nella società era venire assunto».

Dall’inizio di febbraio, Ortolani è il direttore generale di NCore con il compito di raddoppiarne il business da qui a tre anni. In sintesi si tratta di un software che raccoglie e analizza big data per estrarne informazioni – e candidati – di valore. Viene dunque utilizzata durante le prime fasi di una selezione. Individua tra migliaia di proposte pervenute per una posizione vacante, una short list, ovvero un elenco di cinque o dieci profili compatibili.

Lo sviluppo di NCore

«Dietro lo schermo del pc c’è un algoritmo di intelligenza artificiale che, in modalità asincrona, dunque con voce pre-registrata, guida il colloquio con la persona – precisa Ortolani – l’analisi semantica dei termini usati dal candidato permette al sistema di riconoscere una serie di parole chiave predefinite: ad esempio, se l’algoritmo chiede chi è il maggiore competitor dell’azienda in cui si vorrebbe entrare la parola chiave è la risposta esatta, un procedimento associa a ogni intervistato un punteggio, in tal modo la selezione risulta oggettiva». Una tecnologia che si evolve «Rileva anche il tono di voce, stabilisce se è in dubbio 0 in difficoltà. Allo studio c’è anche la possibilità di sondare la comunicazione non verbale attraverso le gestualità registrate dall’immagine video ma fino a che non avremo definito ogni aspetto relativo alla normativa sulla protezione dei dati personali, non raccoglieremo alcuna informazione di questo tipo».